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Il re del liscio. Un grande artista, un grande uomo, un romagnolo Doc

Storie del Territorio: Raoul Casadei

RAOUL CASADEI

“La vita è bella! - diceva -, l’è un pchè c’a sèm ad raza c’à murem!”. Eh sì è un peccato essere di una razza che si muore… è la traduzione di questa frase in dialetto romagnolo che ogni tanto usciva dalla bocca di mio papà Raoul. Lui amava tanto la vita e se l’è goduta davvero e sapete perché? Perché ha capito che nella vita “quel che conta è la felicità” come cantava in una sua canzone. Non era mai arrabbiato, mai triste, mai geloso, mai cattivo, con tanto amore per tutta la gente, per il suo mare, per la sua Romagna Capitale.
83 anni compiuti lo scorso Ferragosto, Raoul Casadei (mi piace sempre chiamare mio babbone così!) era un leone di segno e di fatto! Pieno di gioia di vivere, di entusiasmo,
sorridente e solare. Il suo segreto era avere sempre progetti futuri nel cassetto e porte aperte per tutti. Quando penso a lui piango ,perché mi manca, e nello stesso tempo sorrido. Sorrido perché la sua vita è stata bellissima, fortunata e ha lasciato a tutti gli italiani un’eredità fantastica: il valore dell’amicizia, dello stare insieme, della famiglia, della serietà e dell’umiltà. Si è sempre battuto per il diritto al tempo libero, già dal dopoguerra, quando con lo zio Secondo, fondatore dell’Orchestra Casadei, suonava gratis nelle aie delle case di Romagna, per permettere a contadini e classi operaie di ritrovarsi, divertirsi, cantare e ballare… cosa che in quegli anni era riservata ai signorotti ricchi. Tutta la vita ha predicato l’aggregazione e la condivisione e ha regalato spensieratezza, allegria e abbracci senza barriere generazionali fra giovani e vecchi, ricchi e poveri, belli e brutti, magri e grassi. Questa è la forza del Liscio, parola che Raoul ha inventato, entrata poi nel vocabolario italiano. Durante un concerto negli anni ‘70, guardava la gente allegra e gioiosa, andava tutto bene, era bellissimo e ha gridato “Vai col Liscio!” e il giorno dopo questo slogan era nei titoli di tutti i giornali!

Tutto il contrario di questa brutta bestia che lo ha fatto morire, il Covid. Epidemia che ci ha privato degli abbracci, dei contatti fisici, dei sorrisi e del semplice piacere di stare insieme e condividere. Ancora una volta mi vien da piangere e da sorridere. Piango perché mio papà stava benissimo, sportivo, atletico, sano come un pesce, senza patologie! Piango perché mi commuovo se penso al suo Liscio d’autore, alle tantissime canzoni che ci ha lasciato, piene di concetti di vita sana e positiva, canzoni scritte con tanta passione, con amore per le piccole cose che sapeva ben cogliere. Ascolto le sue canzoni e colgo le sfumature delle sue parole: “Il vento cancella dalla sabbia i ricordi, ma dal cuore no, il vento non può” (Ciao Mare); “Porterò con me la canta dell’uomo semplice e felice” (La Canta); “La famiglia è una fortezza… il tuo porto sicuro” (La Famiglia); “Ci basta un grillo per farci sognare” (La Mazurka di Periferia); “C’è tanta brava gente che non ha colpa mai di niente e s’accontenta di sognare con la Musica Solare” (Musica Solare); “Romagna Capitale, Romagna ballerina, Romagna che si sveglia col sorriso ogni mattina… com’è bello trovare quegli amici che non perdi per tutta a vita” (Romagna Capitale). Potrei andare avanti all’infinito, papà Raoul ha scritto migliaia di canzoni.

Ma voglio raccontare in due parole la sua storia. 
Nato e vissuto sempre in Romagna; da bambino ha vissuto la guerra proprio sulla linea gotica. Poi la pace del dopoguerra, l’arrivo del turismo sulla Riviera Romagnola negli anni ‘60, il grande successo della Febbre del suo Liscio negli anni ‘70, colonna sonora delle vacanze degli italiani, la Musica Solare negli anni ‘80, quando il ballo di coppia dava spazio al pop elettronico, spostando l’energia della sua musica in mezzo al mare, sulla sua Nave del Sole, dove io ho fatto l’animatrice per quasi 10 anni! Poi l’arrivo della musica latino americana che ha contaminato il suo liscio. Infine il nuovo millennio che ha visto passare il testimone a mio fratello Mirko Casadei alla guida dell’Orchestra Casadei che con lui è volata oltreoceano dall’Australia a Cuba, in Brasile, in Argentina e in tanti altri stati.

Ma torniamo agli anni ‘60, quando sono nata io (classe ‘64) che sono la figlia maggiore.

Papà Raoul era maestro elementare, lo ha fatto per 17 anni! Suonava al sabato con lo zio che era innamorato di lui perché lo stimolava e gli scriveva le prime canzoni: Io cerco la morosa, Romagna e Sangiovese, La mia gente, Apassiuneda. Una volta questa musica si chiamava il folklore romagnolo ed era solo strumentale.

Nel 1971 lo zio morì e Raoul a un anno dalla pensione non esitò a lasciare la scuola per portare avanti la tradizione dell’Orchestra Casadei, rinnovandola e portandola al successo nazionale. Gli ha lasciato una canzone da diffondere, Romagna Mia, che Raoul ha reso famosa in tutto il mondo. Ciao Mare, Simpatia, La Mazurka di periferia, Giramondo, Amico Sole, Tradizioni, Romagna Capitale… sono alcuni dei successi scritti e cantati da Raoul Casadei. 
Il boom del Liscio è esploso con Ciao Mare che ha partecipato al Festivalbar e al Disco per l’estate, rischiando di vincerli con artisti come Elton John, Paul McCartney, Stevie Wonder, Mia Martini, i Bee Gees, Caterina Caselli. Il giorno dopo la manifestazione in tutte le automobili però c’era la musicassetta di Raoul Casadei! Tutti cantavano il ritornello di Ciao Mare.

La mia famiglia è felice del grande abbraccio ricevuto da tutti gli italiani per la scomparsa di mio papà. Tanti Comuni italiani vogliono dedicargli strade, rotonde, monumenti. Della sua vita vogliono farne un film e 2 suoi libri ne raccontano tutta la storia. Ma la cosa che più mi emoziona è che dalle finestre delle case di molta gente sento spesso arrivare le note delle sue canzoni a tutto volume.

La musica dell’Orchestra Casadei ha accompagnato almeno 4 generazioni di italiani e scorre nelle vene delle persone di ogni età perché è trasversale nei vari momenti delle nostre vite: da bambini alle sagre di paese, con i genitori in vacanza al mare, in spiaggia con una chitarra, all’estero quando la nostalgia si fa sentire. E poi quando si diventa adulti, questa musica torna: i bambini diventano grandi, fanno famiglia, si torna in quei luoghi semplici come le feste di paese insieme a figli, nipotini, nonni e genitori e la storia si tramanda e continua.

 

Gli Artisti come Raoul non muoiono mai, sono sempre con noi e noi continuiamo a raccontarli ai nostri figli, ai nostri nipotini insegnando loro i valori veri che cantano quelle canzoni e che ci servono a vivere felici.

Cantava Raoul “chiudi gli occhi e non pensare, quel che conta è la felicità!”.

 

di Carolina Casadei

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